Quando il cibo diventa malattia

Anna e Davide rispettivamente di 12 e 14 anni, vivono con la madre in quanto i genitori sono separati da dieci anni.

I genitori hanno un rapporto quotidiano. Non ci sono nuovi partner ufficiali. Anna spera sempre in un riavvicinamento e un una ricongiunzione dei genitori.

La madre è spesso depressa, triste e si chiude in camera per non vedere nessuno. Lavora saltuariamente, trascura la casa e non rispetta ritmi quotidiani regolari. Quindi non esistono orari precisi per i pasti, i compiti o qualsiasi altra attività. Il padre è giornalista e spesso in trasferta per lavoro. Quando torna in città la madre vuole o meglio pretende che si prenda i figli. I figli sono molto legati al padre, soprattutto Anna per i bei regali ricevuti.

Trascorrono molto tempo con il padre, quando presente, e soprattutto durante l’estate.

Durante le ultime vacanze di Pasqua che i ragazzi passano con la madre in Liguria, la madre si accorge che il padre aveva sbagliato l’importo del bonifico per il mantenimento (era sempre preciso normalmente).

Si arrabbia in presenza dei figli e Anna prende le difese di papà.

La madre si inalbera di fronte alle parole della figlia e le rivela che suo padre non è così buono in quanto il motivo della separazione era stato il suo tradimento .... esattamente è andato con un’altra donna! Anna rimane senza parole e non vuole più rivedere il padre. Al ritorno dalle vacanze sembra che tutto torni alla normalità; Anna riprende a frequentare il padre come se nulla fosse e tutto riprende nella sua quotidianità. I ragazzi stanno con il padre e la nonna anche durante le vacanze estive.

A settembre Anna ricomincia la scuola e vedendosi grassottella e con la pancia decide di mettersi a dieta.

Chiede alla madre di andare dal dietologo. La madre ritiene che non sia necessario in quanto la figlia stava solo diventando “signorina“ ed era normale la trasformazione del suo corpo.

I rapporti tra madre e figlia diventano sempre più tesi e durante un litigio Anna dice a sua madre che non la vuole più vedere, che scapperà di casa. La madre la prende per il braccio e scopre dei tagli. Anche durante un litigio con il fratello mentre erano soli in casa Anna urla, si chiude in bagno e si taglia ... Il padre non è a conoscenza di nulla.

Questo caso sottolinea l’importanza delle modalità di gestione della separazione soprattutto quando questo avviene con figli in tenera età. Il trauma della separazione e soprattutto la sua gestione negli anni fa pensare ad una separazione apparente/impossibile dove i “non detti” ai figli mantengono l’illusione della possibile riappacificazione e creano nel tempo una realtà emotiva di negazione ed una realtà di comunicazione basata sui segreti e su alleanze (triangoli subdoli).

Entrambi i genitori non hanno nuovi partner ed il rapporto tra loro si basa su una correttezza formale che sottintende una forte rabbia non esplicitata, soprattutto da parte della madre.

La madre soffre di depressione che combatte solo con farmaci I figli preferendo il padre aumentano il conflitto di coppia anche se non hanno alcuna responsabilità in quanto non hanno ricevuto sostegno.

Le rispettive rabbie dei genitori non sono state elaborate in modo costruttivo e spiegate ai figli.

La rivelazione del tradimento in modo così inaspettato da parte della madre alla figlia comporta in Anna un secondo trauma...il padre ideale viene distrutto. La brutale verità comporta reazioni negative nei figli; Anna reagisce con chiusura, rifiuto e negazione.

Attacca il padre ma non c’è stata una modalità comunicativa di esplicitazione e rielaborazione costruttiva dell’accaduto. Semplicemente si sono “lasciate cadere le cose“ sperando che il tempo guarisca le ferite.

Il rendimento scolastico dei ragazzi rimane comunque alto ma in realtà è solo basato sulla ricerca del perfezionismo per farsi accettare e corrispondere alle aspettative altrui.

Il quadro di mancata mentalizzazione e rielaborazione del dolore individuale e familiare porta all’emergere, nella figlia femmina, del sintomo come espressione del dolore non verbalizzabile. Il dolore diventa attacco al corpo...sia attraverso i disordini alimentari sia attraverso l’autolesionismo. L’intervento opportuno comporta una terapia individuale e familiare, di tipo multidisciplinare.


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Dott.ssa Paola Mossotto
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