La nomofobia, non-mobile fobia, ovvero il timore di non poter essere raggiungibile al cellulare, è una vera e propria sindrome da disconnessione. Questo timore si manifesta con sintomi di rilevanza psichica come ansia, tachicardia, sudorazione, vertigini, sensazione di smarrimento.
Se ci pensiamo ci sarà capitato spesso di sperimentare noi stessi una sorta di allarme se:
Nella nostra vita quotidiana non possiamo escludere ormai la presenza di questi strumenti tecnologici, sarebbe un gesto anacronistico di poco senso. La presenza dei telefoni cellulari ha permesso di superare molti limiti, possiamo essere a disposizione sempre e contattare le persone velocemente, ci aiuta ad orientarci in una città e fare acquisti velocemente, possiamo segnalare tempestivamente una situazione di pericolo. Nel nostro lavoro abbiamo la possibilità di risolvere rapidamente moltissimi problemi e di realizzare progetti che prima avrebbero richiesto un tempo lunghissimo.
La soluzione all’uso improprio delle tecnologie quindi non è quella di demonizzare uno strumento ma quella di educarci ad usarlo.
Il problema è il valore affettivo, simbolico e relazionale che mettiamo nel nostro device. Nel piccolo oggetto che ormai ci accompagna ovunque (anche in bagno e nella nostra camera da letto) mettiamo tutte le nostre esperienze più intime. Tutto perché dobbiamo e non possiamo fare a meno di essere sempre informati in tempo reale e sempre connessi, sempre “sul pezzo” di quello che succede agli altri e ci teniamo a fare sapere subito a tutti i nostri contatti (con i post di Instagram e gli stati di WhatsApp) se stiamo vivendo una situazione piacevole o la nostra opinione.
La qualità del nostro essere in relazione si realizza ormai attraverso il nostro cellulare e sta proprio qui il problema, senza telefonino non riusciamo a vivere e, come per una sostanza (eroina, cocaina, cannabis) iniziamo a essere dipendenti dal cellulare, che diventa il mezzo attraverso il quale sentiamo il mondo e attraverso il quale ci isoliamo dal mondo e dalle nostre difficoltà.
La nostra personalità e la nostra stima personale dipendono dal giudizio che ci rimandano i follower (che non ci hanno mai visto se non attraverso una foto con nostro migliore profilo). Il nostro vero io diventa il nostro avatar (che di limiti, confini e problemi non ne ha).
Come ogni dipendenza che diventa patologica e quindi una vera malattia ci troviamo costretti a:essere sempre appiccicati al cellulare,aumentare il tempo in cui stiamo connessi,avere sempre la paura di perderlo o di non trovarlo,la frequenza degli accessi aumenta nel tempo,la necessità di rispondere e condividere diventa sempre più impellente,il telefono non si può mai spegnere, lo dobbiamo usare anche di notte,guardare subito il device ogni volta che sentiamo un suono di avviso , usarlo in luoghi inopportuni e che potrebbero metterci a rischio (durante la guida dell’auto)
Se nel momento in cui non riusciamo ad accedere al telefonino sperimentiamo agitazione incontrollata, palpitazioni, sudorazione, insonnia, rabbia (se ci dicono che ci stiamo troppo tempo sul cellulare), irritabilità, isolamento dagli altri,difficoltà scolastiche (concentrazione attenzione e di memoria) e lavorative (netto calo del rendimento, richiami) allora dobbiamo riflettere sulla possibilità di essere di fronte a sintomi psicofisici di allarme rispetto a una dipendenza da smartphone e rivolgerci ad un professionista per intraprendere e recuperare un sano rapporto con la tecnologia.
DOTT.SSA PAOLA MOSSOTTO
Specialista in psicologia dell'individuo
Ricordati che lo psicologo non e’ davanti a te per giudicare ma per accoglierti ed ascoltarti.
Dott.ssa Paola Mossotto
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